CENNI SULLA LETTURA DI UN OROLOGIO SOLARE

Nicola Severino

L’orologio solare, altro non è che la rappresentazione grafica di alcuni dei principali circoli della sfera celeste sul piano preposto alla realizzazione dell’orologio. Tale rappresentazione si ottiene per mezzo di speciali proiezioni, derivate dalla geometria proiettiva, le cui metodologie danno luogo alle note descrizioni geometriche per la costruzione degli orologi solari.

Per definizione, quindi, un orologio solare classico serve ad indicare le informazioni, relative al tempo, che derivano dalle caratteristiche astronomiche dei circoli della sfera celeste proiettati sul piano dell’orologio. In virtù di questa definizione, infine, si ha che le indicazioni possono essere anche diverse dalla semplice misura del tempo, ma possono essere legate anche a caratteristiche più specificamente astronomiche, come nel caso degli orologi che indicano la posizione dei segni zodiacali sull’eclittica rispetto all’orizzonte, detti orologi degli ascendenti e discendenti, o anche siderali.

Dall’antichità gli orologi solari hanno indicato principalmente le ore dette "naturali", dovute alla semplice suddivisione del giorno e della notte in dodici parti uguali indipendentemente dalle stagioni. Tale sistema orario, per quello che è dato sapere, potrebbe essere stato in uso forse già ai tempi dei Sumeri e fino agli Egiziani. Ma prove concrete del suo uso risalgono a circa un millennio a.C. in Egitto e solo al IV-III secolo a.C. in Grecia. Le ore naturali, proprio perché adottate da quasi tutti i popoli dell’antichità e fino al medioevo, furono denominate diversamente : ore Temporarie, ore Giudaiche, ore Antiche, ore ineguali, ore Sassoni, ore Canoniche (perché adottate anche dalla Chiesa), ore Planetarie, solo alcuni dei nomi che esse hanno ricevuto nel corso di oltre due millenni.

Queste furono le ore che gli antichi orologi solari indicavano.

Come si legge una meridiana ad ore Temporarie

L’orologio temporario, nelle sue diverse forme, reca undici linee e dodici spazi. Nell’antichità le linee orarie non venivano quasi mai numerate, ma esse indicano le dodici ore temporarie a cominciare dal sorgere del sole fino al suo tramonto. Quando l’ombra del sole, al mattino, è abbastanza netta e si sovrappone alla prima linea oraria, si è compiuta la Prima ora temporaria e così via. Quando l’ombra si sovrappone alla linea verticale del mezzogiorno vero locale, si è compiuta l’Ora Sesta e si entra nell’ora Nona. Questo sistema orario, essendo legato alla durata del giorno, è evidente che la durata delle ore cambia a seconda della latitudine del luogo.

Le ore Astronomiche

Già dall’antichità, astronomi come Ipparco e Tolomeo, usavano le ore cosiddette Astronomiche che suddividevano il giorno e la notte in 24 spazi uguali, suddividendo in settori di 15° ognuno il circolo dell’equatore (da cui anche il nome di ore equinoziali). Essi facevano iniziare il computo di queste ore eguali dal mezzogiorno fino a quello successivo.

L’orologio solare equinoziale è, a buon diritto, il capostipite degli orologi ad ore eguali. Infatti, le popolazioni cinesi antiche già dal II secolo a.C. facevano uso di orologi equinoziali, dato il loro sistema astronomico completamente differente da quello occidentale in quanto basato sul polo e sull’equatore e non sull’eclittica. A loro si deve il più antico riferimento letterario sull’argomento, un documento risalente al VI secolo d.C. in cui viene descritto minuziosamente un orologio solare equinoziale e le sue pregevoli e comode caratteristiche di lettura.

Il sistema delle ore stronomiche cominciò a dilagare nell’Occidente cristiano attorno al XIV secolo, quando le torri campanarie di chiese, conventi, monasteri, abbazie ed edifici pubblici, si abbellirono dei primi orologi meccanici. L’ora del mercante in contrapposizione all’ora dei chierici. Dal 1500 in poi, gli orologi solari, insieme all’adozione dei primi assostili disposti parallelamente all’asse terrestre, cominciarono ad indicare l’ora astronomica, computando il tempo, come gli orologi a campana, da una mezzanotte all’altra (risparmiandosi di notte ovviamente).

Questa tradizione è rimasta invariata fino ai nostri giorni, sebbene contrastata fortemente nei secoli XVIII e XIX dall’introduzione del sistema Italico che computava le ore, sempre equinoziali, invece che dalla mezzanotte, dal tramonto del sole a quello successivo.

La caratteristica comune delle ore equinoziali si vede sull’orologio solare sulla linea equinoziale : tutti e tre i sistemi orari astronomico-italico-babilonico si intrecciano negli stessi punti di suddivisione lungo la linea equinoziale. Ciò perché dipendendo dal moto del sole sopra l’equatore, nei giorni di equinozio esse hanno durata eguale.

Come si legge una meridiana ad ore astronomiche

Un orologio solare normale indica il tempo vero locale del luogo in cui è stato costruito.

Quando l’ombra dello stilo si sovrappone alla linea oraria delle 9, l’orologio indica che sono le ore 9 locali. Un orologio situato a Roma indica le 9 di Roma ; un orologio situato a Bari indica le 9 di Bari e i due orologi indicano le 9 in istanti diversi in quanto il Sole passa prima sul meridiano di Bari e dopo su quello di Roma. Questa differenza è nota come "costante locale" o differenza di longitudine. Per il fatto che le ore astronomiche sono legate al movimento del sole sui circoli paralleli all’equatore, si ha che il Sole passa, dal suo nascere al suo tramonto, prima sui meridiani dei luoghi posti più ad Est e dopo sui meridiani dei luoghi posti più ad Ovest. A ciò sono dovuti anche il sistema dei fusi orari.

E’ ovvio quindi che un orologio solare posto a Bari indicherà il mezzogiorno vero locale (ma anche le altre ore) prima dell’orologio posto a Roma di una quantità temporale pari proprio alla differenza di longitudine tra le due città. Per questo motivo, molti orologi solari dell’800 hanno una doppia linea meridiana che serve ad indicare, in genere, il mezzogiorno solare vero di Roma rispetto alla località in cui esso si trova.

Meridiana del mezzodì di Roma

Prima del 1893, l’Italia adottava l’ora del meridiano dell’Osservatorio Astronomico di Monte Mario in Roma. Per questo motivo, quasi tutte le meridiane di allora riportavano sul tracciato delle ore vere locali, la retta oraria del mezzodì’ vero di Roma.

Per poterla disegnare, questa linea del mezzodì, in un orologio situato in una qualsiasi località, si procede in questo modo. Anzitutto si calcola la latitudine e la longitudine del luogo semplicemente con l’ausilio delle carte geografiche dell’I.G.M., dove si può già avere il valore della differenza in arco tra la longitudine di Roma Monte Mario e il luogo considerato. Fatto ciò, si sarà in grado di dedurre se la retta delle ore 12 vere di Roma, su qualdrante che si costruisce, è antimeridiana o pomeridiana. Infatti, la linea delle ore 12 vere di Roma è antimeridiana se il luogo è posto ad ovest del meridiano di Roma Monte Mario; è pomeridiana se il luogo si trova ad est.

Dopodichè, il calcolo della posizione della retta oraria è perfettamente identico a quello delle altre linee orarie, con la sola differenza che in luogo dell’angolo orario a si metterà nella formula del calcolo di E, la differenza in arco tra la longitudine di Roma Monte Mario e il luogo in cui si costruisce l’orologio.

La lemniscata del tempo medio

Il progresso tecnologico che favoriva lo scambio commerciale internazionale attraverso i potenti mezzi di comunicazione e di corrispondenza, grazie soprattutto al crescente sviluppo delle reti ferroviarie e telegrafiche, crearono, verso la metà del secolo scorso, la necessità di istituire in ciascun paese un sistema che uniformasse adeguatamente il tempo dei chierici, dei laici e dei commercianti: in poche parole un sistema che adottasse in una sola nazione, di estensione non troppo grande, una sola ora legale statale: l’ora nazionale.

Così, ciascuna nazione adottò l’ora del meridiano della propria capitale, ed esattamente quella riferita al meridiano passante per il principale osservatorio astronomico. Per esempio, la Francia adottò l’ora del meridiano di Parigi e l’Italia, nel 1866, adottò l’ora del meridiano passante per l’osservatorio di Monte Mario in Roma. Ciò si tradusse, nella popolare gnomonica, ossia nell’arte di ogni comune persona di disegnare orologi solari, nel rappresentare spesso sul quadro dell’orologio la retta oraria del mezzodì di Roma e la relativa "lemniscata" ad essa riferita.

Ma in questo modo, le cose sarebbero andate benino se ogni nazione avesse fatto uso del tempo locale senza considerare i rapporti internazionali. Infatti, i disagi per chi intrattenevano relazioni internazionali erano evidenti: un’italiano che si recava in Francia si trovava con l’orologio avanti quasi tre quarti d’ora rispetto all’ora di Roma e chi arrivava dall’Austria era obbligato a portare indietro di 15 minuti la propria "pendula".

Si pensi al disagio esistente in America dove 75 società ferroviarie di 75 confederazioni avevano adottato ognuna la propria ora con lo spaventoso risultato, per un passeggero, di confrontare 75 orari diversi!

Furono, infatti, proprio gli Stati Uniti ed il Canada che introdussero per primi il nuovo sistema di misura del tempo regolato sul "meridiano del fuso". Seguirono, nel 1879, la Svezia e la Norvegia e quindi quasi tutte le nazioni d’Europa. L’italia adottò tale sistema il 1° novembre 1893. L’idea, alquanto geniale, prevede il globo terrestre affettato a spicchi come un melone. Più esattamente, la Terra viene suddivisa in 24 spicchi, o fusi, di 15° di estensione in longitudine, pari esattamente ad un’ora astronomica ciascuno. Ogni spicchio è delimitato geograficamente da due meridiani. Il primo meridiano, o fuso di partenza, è il meridiano 0° passante per l’osservatorio di Greenwich in Inghilterra.

E’ stabilito che tutti i luoghi compresi fra i meridiani 7° 30’ ad est e 7° 30’ ad ovest di Greenwich adottino l’ora di quell’osservatorio in modo tale che tutte le città poste ai margini di questi due meridiani abbiano una differenza fra l’ora locale e l’ora adottata non più grande di mezz’ora. Per esempio in Italia, tra l’ora locale di Torino e quella del fuso vi è una differenza di circa 30 minuti.

La conseguenza di ciò è che ogni nazione può finalmente regolare la propria ora nazionale su tutto il territorio compreso nel proprio fuso. L’Europa Centrale ha adottato il 15° meridiano, che corrisponde al 2° fuso, ed è distante un’ora da quello di Greenwich. Tale meridiano, denominato M.E.C., è compreso fra i meridiani 7° 30’ e 22° 30 ‘ ad est di Greenwich passa per la vetta del monte Etna ed è perciò detto anche meridiano Etneo. Tutti i luoghi compresi in questo "spicchio", o fuso, adottano l’ora del 15° meridiano.

Prima di concludere questi brevi cenni storici riguardanti l’adozione del tempo medio del fuso, vorrei riportare quanto scrisse in proposito un autore di gnomonica in un libro pubblicato verso la fine del secolo scorso. Le sue osservazioni sono molto interessanti per noi perchè furono scritte "a caldo", cioè appena un paio d’anni dopo che fu adottato in Italia il sistema del tempo medio. Nelle sue parole, infatti possiamo sentire tutto il "dramma" degli gnomonisti e degli uomini semplici.

"...e questo sistema (del tempo medio del fuso) fu adottato con grave incomodo della grande maggioranza che fornita di orologi comuni, non ne trovava certo uno su mille che fosse capace di segnalare questa differenza (tra tempo locale e tempo medio) che ha un massimo di 20" e ciò per due soli mesi dell’anno, mentre per gli altri dieci vi è sempre inferiore; chi può credere che un orologio comune, anche dei buoni, non isbagli ben di più col variare delle temperature?..."

E a questo punto l’autore inserisce una simpatica nota che recita così:

"Io sono convintissimo che se in uno dei giorni in cui l’equazione del tempo è nulla o poco più fosse possibile passare d’improvviso e senza dirlo dal sistema del tempo medio a quello del tempo vero (sempre dell’Europa Centrale), forse i soli astronomi se ne accorgerebbero abbastanza presto, tutti gli altri, coi soli orologi meccanici, non lo avvertirebbero né presto né mai; soltanto un orologio solare potrebbe farli accorti in capo a quindici o venti giorni almeno dell’avvenuto cangiamento".

Un fatto curioso è che forse anche oggi, per buona parte della popolazione, questa osservazione potrebbe essere più che valida! Ma vediamo come continua il nostro autore:

"Ma questo cangiamento senza pratica utilità ebbe un altro gravissimo inconveniente, quello cioè di rendere assai complicato il tracciamento degli orologi solari, unico modo che avevano per registrare i loro orologi i paesi lontani dagli osservatori, dalle città e dalle stazioni ferroviarie. La linea meridiana che prima era una semplice retta, prese la forma di un 8 dovendo segnare il mezzodì talora in anticipazione, talora in ritardo fino a 15’ in confronto del mezzogiorno vero; e riusciva poi quasi impossibile segnare le diverse ore giacchè tutte le linee orarie assumendo la stessa forma produrrebbero una indecifrabile confusione. Nè con questo veniva almeno tolto il precedente disturbo di dovere all’ora locale togliere od aggiungere quel numero costante di minuti richiesti dalla differenza del meridiano; chè anzi le due difficoltà si venivano a sommare.

Solo modo di rimediare a questo inconveniente rimaneva pei paesi lontani dai centri quello di fondarsi sul mezzogiorno vero locale e formarsi una tabella la quale giorno per giorno suggerisse la differenza tra il mezzogiorno vero locale ed il mezzogiorno medio del punto ( fuso) centrale. E questo rimedio sarebbe riuscito assai difficile, non bastando l’acquistare una tabella stampata della così detta equazione del tempo, ma dovendo ai numeri dati da quella aggiungere o sottrarre quel tal numero costante di minuti corrispondenti alla differenza tra il meridiano dell’osservatore e quello della stazione adottata (costante locale).

Queste frasi, scritte peraltro da uno gnomonista, danno un’idea delle difficoltà cui dovettero far fronte tutti quegli uomini che non fossero astronomi o naviganti, subito dopo l’adozione del tempo medio dell’Europa Centrale. Voglio calarmi per un attimo nei panni di uno gnomonista di allora, ma sento già lo sconforto che mi prende se penso alla mia bella linea meridiana locale, a cui tanto sono affezionati tutti i compaesani, d’improvviso trasformata in un serpente a forma di 8 allungato...

Ma tant’è il prezzo da pagare per il "progresso" e, a distanza di 103 anni, e dopo che tutti si sono assuefatti al nuovo sistema, pare che le cose funzionino abbastanza bene.

Tutto ciò, quindi, si traduce in gnomonica nel rappresentare sul quadro dell’orologio la differenza tra l’ora media del fuso e quella solare locale attraverso la "lemniscata" del tempo medio del fuso. Più precisamente, a disegnare sull’orologio il luogo dei punti in cui viene a trovarsi l’ombra dell’estremità dell’ortostilo, o dell’assostilo, o del foro gnomonico se trattasi di piastra forata, nel momento corrispondente ad una determinata ora media del fuso. Tale luogo è una curva a forma di 8 molto allungato che si avviluppa attorno alla stessa retta oraria.

La curva, o lemniscata, indica l’ora media del fuso quando l’orologio solare segna il mezzodì’ solare vero locale. Esprimendo essa la differenza tra il tempo solare medio e il tempo solare vero, rappresenta anche l’andamento dei valori dell’equazione del tempo per il luogo in cui l’orologio è costruito. Siccome l’equazione del tempo, in sigla E.T., non supera mai i 16 minuti di anticipo o ritardo sul mezzogiorno solare vero, e si annulla in determinati giorni dell’anno, ne segue che la "lemniscata" è più "larga" dove i valori dell’E.T di avvicinano ai 16 minuti di anticipo o ritardo, e combacia con la linea meridiana (ovvero interseca la stessa) nei giorni in cui ha valore zero.

E’ importante quindi ricordare che per uno stesso luogo ed orologio solare (latitudine, longitudine, declinazione del muro e lunghezza dello stilo costanti) la forma e la posizione della lemniscata dipende solo dalla declinazione del sole, dall’E.T. e dall’angolo orario a del sole (si veda la nota 2).

Se si tiene conto che l’andamento dell’ombra del Sole su un orologio solare è discendente dall’inverno all’estate e viceversa ascendente, in quanto il sole passa per gli stessi valori della declinazione due volte l’anno (salvo ai solstizi) e in due diversi giorni con E.T. in genere diversa (nota n° 2), la lemniscata che avviluppa ogni linea orari è, per così dire, divisa in due parti: dal solstizio d’inverno a quello d’estate per la declinazione crescente del sole e dal solstizio estivo a quello invernale per la declinazione decrescente del sole. In genere, si usa disegnare con colori diversi queste due "metà", appunto per evidenziare le parti di lemniscata relative ai due diversi periodi dell’anno.

La differenza tra il tempo medio del fuso e il tempo vero locale è dato dal tempo che impiega il vertice dell’ombra dello stilo a percorrere la distanza - lungo la linea diurna del giorno in cui si fa l’osservazione - tra la linea meridiana, o linea oraria qualunque, ed un punto della curva lemniscata.

- Quando l’ombra dell’estremità dello stilo marca la curva lemniscata, l’orologio indica l’ora del tempo medio del fuso.

- Il tempo impiegato dall’ombra a percorrere lo spazio, lungo la linea diurna del momento, compreso tra la linea meridiana, od oraria qualunque, e la curva lemniscata, è uguale alla differenza tra il tempo medio del fuso e il tempo vero solare locale. Tale differenza è pari all’equazione del tempo ± la distanza del luogo dal fuso principale espressa in longitudine.

Da ciò si capisce che ogni punto della lemniscata è dato dall’intersezione di una curva diurna con la linea oraria alla quale è riferita la lemniscata stessa.

Per calcolare la lemniscata del tempo medio locale con i metodi che abbiamo visto, occorre disegnare le semirette orarie dei 16 minuti che precedono e susseguono la linea meridiana del mezzodì. Ma ciò può ridursi, comunque, e con sufficiente approssimazione, al disegno delle semirette orarie delle ore 11.45, 11.50, 12.05, 12.10, e 12.15, cioè quelle intervallate di 5 minuti giacchè, come si sa, l’equazione del tempo non supera mai i 16 minuti di ritardo o di anticipo sul mezzogiorno solare vero.

Orologi solari multifunzioni

La gnomonica è ricca di ogni titpo di orologio solare. I più semplici sono quelli che indicano un solo sistema orario. Ma i muri di case e palazzi pubblici son opieni di orologi solari complicati fino a sfiorare l’impossibilità di lettura data dall’intralcio del piano di lettura dei diversi sistemi orari descritti.

Un orologio solare ad ore Astronomiche, Italiche e Babiloniche, con le sette curve di declinazione del Sole, è già un buon esempio di orologio solare leggibile solo dall’occhio esperto di chi è addentro alla materia. Figurarsi poi se a questi si aggiungono i sistemi temporario, planetario, ed altre indicazioni e rappresentazioni.

Gli orologi col triplice sistema orario astronomico-italico-babilonico ebbero un buon successo nel XVII e XVIII secolo. L’insieme di questi tre tracciati orari costituisce una specie di abaco gnomonico sul quadrante dell’orologio da cui si possono ricavare molte utili informazioni, come le ore che sono trascorse dal sorgere del sole e il numero di ore che dovranno trascorrere fino al suo tramonto, la durata del giorno, ecc.

In alcuni casi si hanno orologi che indicano informazioni aggiuntive, come certe date speciali relative ad avvenimenti particolari, indicate dalla linea di declinazione relativa alla data voluta.

Nell’unico caso di Athanasius Kircher, informazioni diverse in un orologio solare vennero ricavate sfruttando diversamente il calendario zodiacale dell’orologio su cui vennero rappresentati fenomeni relativi alla visibilità dei pianeti nelle costellazioni celesti, date di eclissi di Sole e di Luna e varie indicazioni di natura alchemica, astroiatrica, di botanica, ecc.

Un orologio che riporti i sistemi orari astronomico, italico e babilonico si legge a seconda dell’indicazione che si cerca. Se si vuol sapere l’ora, sarà sufficiente individuare il vertice (e non la direzione in questo caso) d’ombra dello stilo sul piano del quadrante e vedere a quale linea oraria del sistema astronomico essa si approssima ; se si vuole sapere quante ore sono trascorse dal sorgere del sole, si vedrà su quale linea oraria del sistema Babilonico (in genere di colore blu) il vertice d’ombra è più vicino ; se si vuole sapere quanto tempo è trascorso dal tramonto del sole del giorno precedente, si vedrà su quale linea oraria del sistema Italico (in genere di colore rosso) il vertice d’ombra è più vicino.

Nicola Severino, 21 settembre 1997